I misteri della sinistra by Jean-Claude Michéa

I misteri della sinistra by Jean-Claude Michéa

autore:Jean-Claude Michéa
La lingua: ita
Format: epub
editore: Neri Pozza Editore
pubblicato: 2015-03-02T16:00:00+00:00


[1] Sui presupposti psicologici della folle corsa al consumo per il consumo (che non può far altro che mantenere a tempo indeterminato il vuoto esistenziale delle persone) e sulla alternativa possibilità di definire le condizioni di una felicità vera che non sia più basata sul mito di una crescita illimitata, si possono trovare analisi eccellenti nei libri di Luis de Miranda, in particolare nel suo Peut-on jouir du capitalisme? Lacan avec Heidegger et Marx2 (Max Milo, 2009). Scrive per esempio l’autore: «Dire a un uomo che sta per comprare una Porsche che lo sta facendo perché non può accedere all’assoluto (il che in effetti è pur vero), ha meno probabilità di farlo desistere dal suo intento (perché se il vero essere mi è inaccessibile, allora tanto vale sguazzare nei suoi surrogati) che suggerirgli che può rintracciare se stesso proprio nel tenersi a distanza dal vortice degli imperativi del fun. Meno caro di una Porsche. Ma più lussuoso». Da buon lettore di Marx, Luis de Miranda ovviamente non trascura di ricordare i fondamenti politici e comunitari indispensabili per quel «tenersi a distanza», capace d’interrompere l’alienazione ed emancipare.

[2] Sullo status ambiguo delle nuove classi medie e sul loro ruolo centrale sia nella modernizzazione capitalista della Francia degli anni Sessanta, sia nel correlativo emergere di una sinistra liberale e moderna, torniamo al già citato libro di Kristin Ross (Rouler plus vite, laver plus blanc). Questo saggio erudito e assolutamente appassionante – basato in parte sull’idea che «la prima derrata importata dall’America non fu la Coca-Cola o i film hollywoodiani, bensì la supremazia delle scienze umane» – sottolinea in particolare, sulla scia di Henri Lefebvre, il posto decisivo che ha occupato l’ideologia strutturalista nella giustificazione della modernizzazione capitalista degli anni Sessanta («lo strutturalismo» scrive «si occupò delle più che modeste opere ideologiche della casta rappresentata dal giovane dirigente; gli fornì la sua legittimazione ideologica e la sua vernice intellettuale»). Il destino ulteriore dell’Università «postmoderna» e dell’attuale sociologia di Stato (quasi sempre di sinistra) se ne trova particolarmente illuminato.

[3] Tanto più che esistono almeno altri due grossi ostacoli che una società di transizione (e di conseguenza il nuovo blocco storico popolare che ne costituirà l’anima e il motore) dovrà affrontare contemporaneamente. Da un lato – ed è il limite classico dello Stato assistenziale keynesiano – tutti i meccanismi di protezione sociale che ancora sussistono (essenzialmente per ragioni di governabilità del sistema liberale) restano finanziariamente basati su questa crescita sempre più devastante e alienante, e in ogni caso destinata a infrangersi presto o tardi contro l’iceberg ecologico (si pensi per esempio a quelle famose «terre rare» che non esistono se non in quantità ridottissima e dalle quali tuttavia dipende, in misura essenziale, lo sviluppo continuo delle «nuove tecnologie»). Dall’altro, la crescente interconnessione di tutti i sistemi di produzione e di scambio esistenti (a causa dell’apertura delle frontiere e della globalizzazione) rende sempre più complessa la necessaria ricostituzione di poli di attività produttiva controllabili dai popoli, vale a dire quanto più possibile autocentrati (è chiaro, per esempio,



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